Intervista a Massimiliano Boschini

Quattro chiacchiere con Massimiliano Boschini, fotografo, poeta, scrittore e blogger.

Parlaci del blog letterario Mattatoio n°5, com’è nato questo progetto?

Tutto è partito da un gruppo di Anobii chiamato ‘Libri strani, non convenzionali fuori dagli schemi’, che è servito come primo contenitore per i temi successivamente affrontati su Mattatoio n.5. In quel contesto ho incontrato Anna Preianò e insieme abbiamo deciso di mettere in piedi un nostro sito. Spinti dalle prime indagini dedicate a Emilio de’ Rossignoli e dall’entusiasmo iniziale, nell’ottobre del 2013 abbiamo pubblicato il primo articolo. Era bello non sentirsi soli, nel mare magnum delle stranezze bibliografiche. Con Anna è arrivato anche il ‘Prof.’ Fabio Camilletti e la stesura congiunta del ‘manifesto’, che ancora oggi chiarisce ai naviganti la natura del sito. Da allora è passato molto tempo, durante il quale sono successe tante cose: la stampa del libro su Emilio de’ Rossignoli per Profondo Rosso, l’intervista ad Alfredo Castelli e soprattutto il disimpegno di Anna e Fabio. Pur rimanendo molto legati a Mattatoio n.5, per motivi vari non pubblicano articoli da molto tempo. Spero sempre in un loro ritorno, perché tenere in piedi il tutto è faticoso.

Dieci anni non sono pochi, soprattutto sul web e soprattutto per chi, come me, è mosso solo dalla passione. Non sai quante volte vorrei leggere libri più ‘normali’, senza poi poterlo fare quasi mai. Ogni acquisto è finalizzato ad un’eventuale recensione, anche se poi non è detto che la scriva. In più di un’occasione ho pensato di chiudere tutto e se non fosse stato per il provvidenziale arrivo di Davide Rosso, credo che l’avrei fatto. Sono felice di aver tenuto duro, perché gli oltre duecento articoli pubblicati sono un patrimonio di tutti. Spaziamo dalla poesia visiva alle collane da edicola, dall’horror all’erotica, sempre con un occhio di riguardo per quanto è strano e bizzarro. Chiudo invitando i tuoi lettori a contattarmi, qualora avessero articoli nel cassetto. Le porte di Mattatoio n.5 sono sempre aperte.

Quali libri dimenticati e che indagano l’ignoto vorresti consigliare al pubblico de Il verbo leggere?

Per cominciare, devo dire che sono sempre felice quando un libro che ho apprezzato e recensito trova nuova vita. È il caso ad esempio de La Gana di Jean Douassot. Uscito nel lontano 1964, ha rivisto la luce nel 2022 grazie alle cure di GOG edizioni. Nel 2020 gli avevo dedicato un bell’approfondimento e sono sicuro che abbia contribuito alla sua ristampa.

Ecco, vorrei che accadesse la stessa cosa anche per Il nipote di Giovanni Amedeo, romanzo che mi piace collocare in un’ipotetica trilogia delle nevrosi partenopee. Dopo Malacqua di Nicola Pugliese e Althénopis di Fabrizia Ramondino, consiglierei ad eventuali editori di ristampare anche il libro di Giovanni Amedeo.

Un altro titolo che mi sento di perorare è La sentinella del male di Jeffrey Konvitz, un horror che ricorda da vicino L’esorcista di William Peter Blatty e soprattutto Rosemary’s Baby di Ira Levin, per via del ruolo demoniaco giocato dai vicini di casa. Ad unire La sentinella del male con Il nipote è il cosiddetto quotidiano, la vita di tutti i giorni, perché il male si può annidare ovunque. La recensione de La sentinella del male sarà la prossima che pubblicherò su Mattatoio n.5.

Fotografo, poeta, scrittore e blogger, sei una persona a dir poco poliedrica! Ci spieghi se e come le tue diverse passioni entrano in sinergia tra loro?

Ho sempre avuto una particolare predilezione per la “forma breve”, fin dai tempi dei blog personali. Probabilmente per pigrizia, ma anche per attitudine e piacere personale. Ritengo la fotografia e la poesia affini tra loro, in grado con “poco” di intrigare sia il creatore che il fruitore. Entrambe mostrano una realtà mediata dalla sintassi e dalla luce, entrambe sono sempre liberamente interpretabili, alla faccia dell’autore e delle sue idee. Ho fotografato per molti anni, con risultati soddisfacenti. Dico sempre che non sono diventato ricco, ma ho girato il mondo. Mi sono arenato quando l’atto di pensare e realizzare uno scatto ha smesso di darmi serotonina, ossitocina e dopamina. Sono passato alla poesia quasi per caso, scoprendo che lavorare sulle parole mi procurava lo stesso benessere. Ritengo che i miei testi siano sempre anche molto “visivi” e le fotografie abbiano un che di poetico; ci vedo un certo legame.

Credo anche che fotografia e poesia contemporanea soffrano delle medesime dinamiche. Non ci capisco molto, ma da osservatore ho notato come la via più breve al “mi piace” sia l’ipersaturazione, sia delle immagini che dei testi, condita da aggettivi quali onirico e surreale. Spero che questo prima o poi arrivi a stufare gli interlocutori. In poesia è in parte già avvenuto: hai notato come oggigiorno, a parte una ristretta nicchia, la gente la rifugga? Non sono rimasto sorpreso dalle critiche a L’amore puzza d’odio (Miraggi Edizioni, 2019), un libro divisivo proprio per il suo approccio: apprezzato da chi non mastica di poesia e criticato da chi invece è abituato ad averci a che fare.

Mi schiero con chi lo ha apprezzato 😉. Parlaci de La pianura dei portici (Massimiliano Boschini, Giacomo Cecchin, Simone Terzi, Fabio Veneri, disegni di Giuseppe Vitale, Editoriale Sometti, 2023), la tua ultima fatica letteraria.

La pianura dei portici è il frutto dell’incontro di cinque autori che, attraverso parole e illustrazioni, si sono confrontati con il tema del portico. Il sottotitolo Itinerari di un incontro sentimentale mi torna utile poiché ne chiarisce la natura. La pianura dei portici è un saggio narrativo, o meglio ancora una narrazione “saggia”, che descrive, racconta e commenta l’elemento architettonico che più caratterizza l’identità urbana di questo spicchio d’Italia, tra l’Emilia e la provincia di Mantova. Dico “saggia” perché, pur essendo un libro a più mani, ha comunque un certo equilibrio. Elementi storici si fondono con l’immaginario eternato da scrittori, artisti e cantautori, dando vita a percorsi, racconti e poesie. Il libro non è solo un’occasione per conoscere posti nuovi, ma anche un invito a riscoprire i portici, luoghi sotto i quali magari siamo passati mille volte senza pensare a quanto ci possa essere… sotto!

Attraverso l’occhio del portico abbiamo potuto rileggere territori che hanno un immaginario ricco e denso, frequentato da grandi nomi della nostra letteratura, da Zavattini a Pasolini, da Delfini a Tondelli, tra gli altri. Il libro ci ha offerto la possibilità di aggiungere una prospettiva originale, con nuove sfumature, a un tema già così stratificato.

Per La pianura dei portici ho scritto una ventina di racconti, accompagnati da stupende illustrazioni realizzate da Giuseppe Vitale. Mi piace definirli “Landolfiani”. Proprio lui affermò che in Italia la linea più breve tra due punti è l’arabesco. Ecco, ho immaginato i portici non come una retta che unisce un inizio e una fine, ma come luoghi sotto i quali è possibile fare viaggi fantastici, voli pindarici e passeggiate letterarie.

Progetti per il futuro?

Ti ho parlato di fotografia e poesia, tralasciando il resto. Dopo la pubblicazione de La pianura dei portici, ritengo il racconto breve la naturale evoluzione delle mie specificità. Anche in questo caso, ho notato come siano le suggestioni visive a darmi l’ispirazione, per cui non ho snaturato di molto il mio modo di lavorare. Ho già cominciato a mettere nero su bianco alcune cose, sempre nell’alveo del bizzarro e del quotidiano. Ritengo che la società attuale possa fornire molto materiale ad un osservatore attento, quale mi reputo. Per cui mi piacerebbe prima o poi dare alle stampe una raccolta di racconti.

Ringrazio Massimiliano (Max) per la sua disponibilità!

P.S. Max non ama le etichette, ma se ve lo avessi presentato come un “agitatore”, invece che come un fotografo, scrittore, poeta e blogger, avrei suscitato qualche perplessità 😉.

4 pensieri su “Intervista a Massimiliano Boschini

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