Nottambuli a cena

Duale: questa è la parola che meglio si presta a descrivere Nottambuli a cena (Les Flâneurs Edizioni, 2022), l’ultima fatica letteraria di Otello Marcacci, in uscita il 31 marzo. Un romanzo dalla doppia anima, la cui copertina richiama subito alla mente notti inquiete e solitarie. Lo scrittore ha tratto ispirazione da un celebre dipinto di Hopper:

Lui sì che sapeva dipingere il dolore, nel silenzio di una tela. Atmosfere pacate e persino gioviali che mostrano l’immobilità e la rassegnazione nascoste nelle loro pieghe. Dietro l’apparente semplicità, la grande complessità e profondità. La necessità di connessione con gli altri e la difficoltà nel riuscirci. (…) guardi I nottambuli e, sebbene tutto sembri perfetto e normale, senti il peso dell’estraniamento e dell’inaccessibilità ai veri mondi di quelle persone.

Nottambuli a cena Otello Marcacci

L’uomo seduto, da solo, al bancone del bar è il protagonista, nonché voce narrante, del romanzo: Luca Migliorini, un imprenditore di Grosseto sull’orlo del fallimento e di una crisi di nervi. Sia nella cover che nell’originale di Hopper, c’è “qualcosa che manca”: non è stata dipinta la porta d’ingresso del locale. Luca non può semplicemente varcare una porta e lasciarsi alle spalle i suoi problemi. Ormai gli restano solo due alternative: suicidarsi o fare un patto col diavolo.

La prima parte del libro è incentrata sull’opzione numero uno perché il diavolo, si sa, ama farsi attendere: entra in scena solo quando la sua vittima è arrivata al culmine della disperazione ed è disposta a fare cose prima inimmaginabili. Per il momento, sul palco c’è un solo attore, illuminato da un faretto che accentua ancora di più le ombre in cui è immerso: Luca Migliorini, l’uomo duale che ha visto andare in frantumi tutte le sue speranze e illusioni.

Attraverso la voce di Migliorini prendono corpo gli altri membri del cast: Alberto, detto il Fisso, un insegnante di greco che, dopo essere stato lasciato dalla moglie, ha trovato per un po’ rifugio nella bottiglia; Filippo, in arte Gildo, spaccone e fascista a parole, ma migliore del previsto quando si viene ai fatti; Giuliano, La Prostata, bigotto emancipato sempre fedele a sé stesso; Leonardo e Cristina Sibani due fratelli alle prese con un padre prodigo.

Cosa accomuna questi personaggi, a parte Grosseto? I rimpianti, i compromessi e i tradimenti che l’età adulta porta con sé. Tutti loro, anche se in modi diversi, hanno dovuto fare i conti con un paese scisso, con una nazione che Marcacci paragona a una Torre di Babele. Chi vive qui finisce col diventare pieno di contraddizioni e rischia di trasformarsi in un inquieto nottambulo e/o in un giuda…

Show dont’ tell, affidare una storia a un singolo personaggio comporta il rischio di venire meno a questa regola aurea, ma è fondamentale che Luca ci racconti i fatti da una prospettiva viziata dal peccato originale di Babele: l’impossibilità di entrare davvero in contatto con gli altri. Chi è Giuda e chi è Cristo tra gli amici radunati attorno al tavolino?

La prima parte di Nottambuli a cena è dominata da Migliorini, vero e proprio mattatore: i suoi compari, uomini-pugili suonati dalla vita, per ora rimangono sullo sfondo. La voce ironica e arguta di Luca ci costringe a fare i conti con angoli oscuri della nostra mente e del nostro paese. L’industriale contempla più volte il suicidio: se morisse, la sua azienda potrebbe “tirare il fiato”, grazie ai soldi della sua assicurazione sulla vita. Luca riflette sul “non essere” in una serie di monologhi che sono veri e propri pugni allo stomaco:

È che di questi tempi sono confuso: il dolore dovrebbe farmi ombra, invece si appoggia solo al fianco. Per questo ho deciso di scrivere un taccuino. Queste pagine saranno il mio canto del cigno. Che poi è una frase fatta, dato che alla favoletta che i cigni cantino prima di crepare non ci ho mica mai creduto. Quella cosa che Platone fa dire a Socrate, cioè che lo facciano pregustandosi le gioie della reincarnazione nel divino, non è né letteratura né poesia. È solo una cagata monumentale. L’unica cosa seria è che c’è una liturgia anche nell’autolesionismo.

Visto che Marcacci ha presentato questo libro come il suo canto del cigno (non ci provare, bischero) viene spontaneo pensare che dietro il dolore di Luca si nasconda un dolore reale, esorcizzato attraverso l’atto catartico della scrittura. In diversi passaggi di Nottambuli a cena, lo scrittore sembra scavalcare la sottile linea che separa realtà e finzione per fare delle dichiarazioni di poetica e d’intenti. Per esempio, questo brano ci restituisce l’essenza dello stile, duale e inconfondibile, di Marcacci, maremmano doc:

Ho sempre pensato di incarnare ogni caratteristica tipica che contraddistingue la gente di Maremma. Siamo curiosi, noi. (…) Una parte di me è mite e riflessiva (…). È la parte razionale, che ha un linguaggio ricercato, che ricorda passaggi epici e lirici e si sforza di apprezzare il verso e il canto. L’altra invece è greve, maledetta, grossolana e sporchevole. Non ho mai trovato il modo di eliminare la mia natura duale.

Lo stile di Marcacci nasce dall’incontro/scontro di queste due anime: da una parte ci sono citazioni alte e frasi poetiche, dall’altra discorsi “da bischeri” e richiami alla cultura pop. Nonostante Nottambuli a cena sia un testo unico, senza cesure, nel recensirlo ho sentito il bisogno di dividerlo in due parti: le prime centocinquanta e rotti pagine, secondo me, rispecchiano di più la “parte razionale”, malinconica e riflessiva, mentre le successive suonano come “la rivalsa” dell’altra parte, più “grossolana” e vitale. A ben guardare però tutto si tiene in equilibrio, come lo yin e lo yang: le due anime sono sempre presenti.

In quello che considero come il secondo atto del romanzo, Luca si mette in viaggio verso sud assieme ad alcuni amici: Migliorini deve accompagnare Tommaso, un ragazzo dall’anima candida come la neve, dal padre che non ha mai conosciuto; Cristina, supportata dal Fisso, vuole fare i conti col suo di padre; Gildo è alla ricerca di informazioni sulla persona che gli ha donato il suo nuovo cuore. Il diavolo, un diavolo che sembra uscito dalla serie tv Gomorra, è già entrato in scena: il viaggio è anche un modo per prendere tempo, per rimandare il momento in cui Luca dovrà decidere da che parte stare.

La “gita” è scandita da disavventure e da un’epica carrambata: ho quasi avuto l’impressione di stare guardando un film di Checco Zalone, una di quelle pellicole in cui i messaggi sociali passano attraverso il linguaggio grossolano dell’“italiano medio”. Peccato che Luca sia tutto tranne che un “italiano medio”: è un uomo complesso, complessato e, talvolta, un po’ stronzo. In questo periodo, la mia anima è più orientata verso la “parte razionale”, quindi non sono riuscita a entrare appieno in sintonia col mood del viaggio, ma Tommaso si è di sicuro guadagnato un posticino nel mio cuore.

Una volta tornato a casa, Luca si ritroverà davanti a una terza, inaspettata, via d’uscita dal bar dei nottambuli, ma non posso dirvi di piùPosso solo dirvi che in questo romanzo sono presenti tutti i temi cari a Marcacci, temi che chi ha letto Tempi supplementari conosce bene: dall’amicizia alla memoria, dall’attenzione per le tematiche sociali alle sfide dell’età adulta, sfide incarnate da personaggi in bilico tra bene e male.

La verità è che ho parlato sin troppo e che l’ho fatto per nascondere il mio imbarazzo: per capire di cosa parla Nottambuli a cena basta ascoltare la sua soundtrack. Le tracce musicali sono corredate da note che illustrano alla perfezione l’essenza del romanzo:

1) The Middle, Jimmy Eat World . Questa dovrebbe essere la vera Colonna Sonora del romanzo. Perché è un pezzo che trae in inganno né più né meno di come fa il libro. Un grande upbeat con bellissime vibrazioni per tutta la traccia, come sono brillanti i pensieri di Luca Migliorini nel testo, ma entrambi con liriche sottostanti che in realtà sono tristi e che fanno sempre riferimento ai fallimenti e ai dubbi che si ha su se stessi. (…)

10) Heroes, David Bowie. And, last but non least, Nottambuli è anche un romanzo di speranza. Si può essere sporchi, brutti e cattivi ma una scintilla divina c’è sempre dentro di noi e dobbiamo aggrapparsi a essa fosse anche per una volta sola. (…)

Per saperne di più:

L’intervista all’autore su MaremmaOggi

11 pensieri su “Nottambuli a cena

  1. Per quanto mi sforzi di essere oggettiva e cerchi di mettere in luce l’“essenza” dei romanzi che recensisco, un recensione resta pur sempre soggettiva e opinabile. Per questo, esiste il diritto di replica. Vi riporto questa intervista all’autore >https://ilmestieredileggereblog.com/2022/04/03/otello-marcacci-nottambuli-a-cena-intervista-con-lautore/
    Con savoir faire “nunziesco”, invito Otello Marcacci (ammesso che sia all”“ascolto”) ad approfittare della sezione commenti per fare la sua “critica alla critica”: è un ottimo modo per permettere ai lettori di capire meglio lo spirito di “Nottambuli a cena”.

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    1. Guarda, a me la tua recensione è piaciuta: l’immagine del flipper è geniale.
      Per quel che mi riguarda, il momento particolare, i miei gusti di lettrice e fattori più personali mi hanno portata ad apprezzare di più la prima parte del romanzo. Per questo, il mio post non tiene davvero fede alle intenzioni dell’autore e ne rispecchia solo in parte il pensiero.

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      1. Ma pensa: a me invece non convince troppo!😅
        Be’, questo ci sta. Te lo dice una che lo fa di continuo: considerare una parte – a volte davvero solo un dettaglio – e costruirci sopra l’intera recensione!😅

        Piace a 1 persona

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