Ho una passione per i libri che parlano di libri e, in particolare, per i volumi semisconosciuti dedicati ai lettori accaniti. Quando ho visto sugli scaffali di Project Gutenberg un libriccino intitolato The Bibliomaniac, di un tale Charles Nodier, non sono riuscita a resistere: ho subito iniziato a sfogliarlo e a interrogarmi sulla stranezza che c’è nella testa di noi amanti della letteratura.
L’edizione di Project Gutenberg si apre con l’introduzione di R. Vallery-Radot: lo scrittore ci rivela che il suo collega Nodier era un incurabile bibliomane e che frequentava altri appassionati delle belle lettere e delle edizioni di pregio. Nodier soffriva dell’incurabile mania che spinge tantə di noi ad accumulare volumi su volumi, sino a non avere neanche più un angolino libero in casa. Purtroppo, non siamo capaci di resistere al richiamo delle librerie e/o delle bancarelle dell’usato: le Sirene di Ulisse, nel nostro caso, non si sarebbero messe a cantare dolci melodie, ma a declamare imperdibili promozioni letterarie.
Radot porta ad esempio diversi accumulatori seriali di testi che potrebbero aver ispirato Nodier: l’introduzione si trasforma così in una vera e propria galleria di casi clinici letterari, in un libro nel libro dedicato alle vite dei più eccellenti e bizzarri bibliofili. Il mio preferito, tra questi bei tomi (😛), è il barone Westreeven van Tiellandt, un collezionista che ha tenuto la sua biblioteca sotto chiave per ben quarant’anni. Alla faccia del deposito di Zio Paperone! Un bel giorno, il nobile, in un eccesso di liberalità, ha deciso di permettere ai suoi due migliori amici, lettori accaniti come lui, di accedere al suo “tesssoro”.
Pensavate che la storia fosse finita qui, con questo bel lieto fine? Mi spiace, ma le cose non sono andate così. Il barone ha imposto delle condizioni ferree ai suoi amici. Per esempio, prima di accedere alla sua libreria, avrebbero dovuto indossare una sorta di “tuta anticontaminazione”, così da non recare danno ai volumi. Forse, i due malcapitati sarebbero stati disposti a sottostare alle bizzarre regole del loro amico, ma non sono comunque riusciti a penetrare nel suo Sancta Sanctorum: il nobile ha continuato ad accampare scuse per rimandare la loro visita ed è morto senza mantenere la promessa.

Questa storia vale da sola la lettura del volume, ma, a ben guardare, non abbiamo neanche iniziato a parlare del Bibliomane di Nodier. Monsieur Théodore, il protagonista della novella, è ossessionato dai libri in quanto oggetti da collezione: va in visibilio davanti a un’ottima rilegatura e/o a un’edizione rara. Io, invece, sono una booklover che bada più alla sostanza che alla forma: posso sopportare pagine ingiallite e copertine orrende, pur di mettere le mani su una copia scontata di un libro scritto da uno dei miei autori preferiti. La pensate come me o siete dei lettori esteti come Théodore?
A rendere ancora attuale questa novella non è tanto la figura del folle bibliomane, ossessionato dalle rilegature e incapace di condurre un’esistenza normale, quanto la descrizione di “fenomeni editoriali” che ci riguardano tuttora da vicino. In una scena memorabile, che vi riporto in traduzione (sia resa gloria alle anteprime gratuite di Google), Monsieur Théodore e il narratore si ritrovano a passeggiare in un mercatino di libri usati:
Che libri però! Tutte le opere di cui i giornali hanno parlato bene nel corso dell’ultimo mese, e che immancabilmente, precipitando dall’alto delle redazioni e dai fondi delle librerie, vanno a morire laggiù, nella cassetta delle occasioni a cinquanta centesimi. Filosofi, storici, poeti, romanzieri, autori di tutti i generi e di tutti i formati, per i quali le recensioni più pompose non sono che il limbo dell’immortalità, oltre il quale non si spingeranno mai. Snobbati dai lettori, scivolano dai ripiani delle librerie ai parapetti della Senna (…).
Se vi è capitato di passeggiare sotto i portici di Via Po e/o se frequentate le bancarelle dell’usato, quest’immagine dovrebbe esservi dolorosamente familiare. Varrebbe la pena di aprire una parentesi sul valore della parola scritta, un valore spesso svalutato da un mercato che punta più alla quantità che alla qualità, ma rischieremmo di restare qui sino a mezzanotte. Mi limiterò a dirvi che, per quel che mi riguarda, preferisco tenermi alla larga dai libri osannati dalla critica. Io confido nel giudizio del tempo: è lui il miglior critico letterario.
Al termine della lettura de il Bibliomane, viene spontaneo interrogarsi sul “Culto del libro” – un culto che viene celebrato a Torino nella cattedrale del Salone –, su una fede che, secondo Nodier, può salvarci dalla barbarie. Un culto che è un esercizio di resistenza e di libertà: tra le pagine filtra ancora un debole raggio di luce capace di rischiarare le tenebre del nostro mondo.
Approfondimenti:
L’edizione italiana a cura di Elliot Editore comprende anche L’amante dei libri, un breve testo in cui Nodier si destreggia tra bibliofili e “bibliofobi”.
Ovviamente (?) anch’io credo che solo il tempo possa permetterci di capire il valore di un’opera. Non solo per il motivo più immediato (se ce ne ricordiamo ancora, vuol dire che meritava davvero), ma anche perché la possiamo collocare meglio in un contesto, in un continuum letterario che porta fino a oggi. E anch’io non sono troppo schizzinoso sulla qualità. Se trovo un poema epico che non ho, dev’essere proprio distrutto fisicamente perché non lo acquisti.
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Riguardo allo stato dei libri (o dei fumetti) ormai ho accettato da alcuni lustri che il mio destino risiede nell’imperfezione: se in una colonna di libri ce n’è uno un po’ rovinato, quello finirà in mano mia! XD
Ci sono destini peggiori.
Riguardo al giudizio, della critica o del tempo, passo sopra entrambi: ho gusti tutti miei e non affiderei a nessun criterio esterno il potere di agire sulle mie fuoriuscite monetarie volte agli acquisti librari.
La “grande critica” mi sembra spesso rivolta a fare da zerbino al caso letterario del momento (di solito si sbugiarda da sola con la totale mancanza di concretezza, cercando di infilare nelle recensioni metafore degne di un poeta simbolista ubriaco) ma il “giudizio del tempo” mi ricorda molto i tempi della scuola, quando ero costretto a leggere libri che, personalmente, non avrei toccato nemmeno con un bastone! 😛
A ogni modo, sarebbe davvero auspicabile per tutti uno spazio sconfinato atto a contenere i nostri tesori personali: dopo trent’anni di acquisti librari, e poco meno di trenta di fumetti, avrei bisogno di una casa extra da usare come biblioteca. 😛
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Ah ah, io ormai ho deciso di fare affidamento su biblioteche reali e virtuali: altrimenti sarei sommersa dai libri ;).
Eh, il “giudizio del tempo” non deve diventare un obbligo di lettura, altrimenti sono guai!
“Il mio destino risiede nell’imperfezione”: è una frase bellissima e poetica, sai? Verrebbe da costruirci attorno un post…
Grazie per aver condiviso le tue riflessioni libresche!
“
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Grazie a te per l’occasione 😉
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Ovviamente già scaricato, per ora in e-book. E grazie per i rimandi.
Peraltro, anch’io sono una semplkice booklover…ma, confesso, si tratta unicamente di taccuino. Di mio, se solo potessi …
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Grazie a te per le tue sempre profonde e affascinanti riflessioni sul mondo dei libri! Aspetto un tuo parere su Nodier allora, al termine della tua pausa ;).
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👍
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Come dico spesso ai miei familiari… meglio in libri che medicine 🙂
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Ah, di sicuro! Comunque la tua passione per i libri traspare dalle foto di bancarelle dell’usato su Instagram ;)!
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Ho la sensazione che il culto del libro non faccia guadagnare appassionatз alla lettura.
Ho delle edizioni più “carine”, ma davvero poche: non mi faccio problemi a mettere le mani sull’usato più scarrettato a patto che sia leggibile, maneggiabile e con tutte le sue pagine.
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Pingback: Nel mondo dei libri – Il verbo leggere
Ciao, torno di tanto in tanto su wordpress r anche sul tuo bellissimo blog. Se non vado errato la foto che hai messo alla fine deve essere stata scattata nella seconda sala della libreria la bussola a Torino. Potrei sbagliarmi. Un caro saluto. Fritz
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Bentornato e grazie per l’apprezzamento!
Sai, non ne sono affatto sicura, perché è un’immagine “stock”. Conosco bene La bussola (quanti pomeriggi ho passato là dentro), ma non la riconosco in questa foto.
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