Cos’è esattamente L’ultimo lettore di Ricardo Piglia ( Feltrinelli, 2005)? Una raccolta di saggi letterari, legati tra loro dal fil rouge di un’indagine sulla figura del lettore? Stando al risvolto di copertina, è l’intenso e irresistibile romanzo autobiografico di uno scrittore/lettore fuori dal comune. Io preferisco considerarlo come un’esplorazione della stranezza che c’è nella testa di ogni amante dei libri e come un invito a smarrirsi tra gli scaffali di una biblioteca.
Questo libro fatto di casi immaginari e di lettori unici è stato ispirato da una canzone di Charles Ivens, intitolata The Last Reader. L’ultimo lettore descritto da Piglia è una figura poliedrica che può incarnasi tanto in Don Chisciotte, cavaliere errante che vive ciò che ha letto, quanto in Robinson Crusoe. Un “personaggio” affascinante e sfuggente, in cui ognuno di noi potrà ritrovare qualcosa di sé.
Il volume è composto da sei sezioni, da sei incursioni nella libreria dello scrittore argentino. Ogni capitolo è connesso agli altri, ma può anche venire letto come un breve saggio letterario a sé stante. Diamo un’occhiata all’indice:
1. Cos’è un lettore: una perfetta introduzione alle Finzioni di Borges.
2. Un racconto su Kafka: come l’autore delle Metamorfosi concepiva la relazione tra la scrittura e la vita e cosa significava per lui essere uno scrittore.
3. Lettori immaginari: Marlowe e Dupin investigatori-bibliofili.
4. Ernesto Guevara, tracce di lettura: il lettore rivoluzionario.
5. La lanterna di Anna Karenina: scene di lettura e lettrici in fuga.
6. Com’è fatto “L’Ulysses”: come navigare tra i flutti-parole del fiume Joyce.
Questo breve sommario può darvi un’idea della vastità della materia trattata: il libro di Piglia assomiglia a una gigantesca e babelica biblioteca. Ogni lettore dovrà orientarsi in questo labirinto seguendo la bussola delle sue inclinazioni letterarie: forse, non tutti capitoli vi appassioneranno allo stesso modo, ma di sicuro rimarrete affascinati dai booklovers che incontrerete tra queste righe. Io posso solo offrirvi qualche spigolatura, qualche assaggio letterario: starà a voi decidere se perdervi o meno tra le pagine ;).
L’ultimo lettore si apre con l’immagine di una città in miniatura, una copia di Buenos Aires, ideata da un fotografo geniale e un po’ folle. Quella costruzione è una metafora perfetta dell’atto di leggere:
L’uomo ha immaginato una città perduta nella memoria e l’ha riprodotta così come la ricorda. L’oggetto della rappresentazione non è la realtà bensì lo spazio in cui un mondo fantastico ha luogo.
La costruzione può essere visitata da un solo spettatore alla volta. Questa pratica incomprensibile a tutti è per me, invece, chiara: il fotografo riproduce, nella contemplazione della città, l’atto di leggere. Colui che la contempla è un lettore e pertanto deve rimanere solo. Questa aspirazione all’intimità e all’isolamento spiega il segreto che ha avvolto il suo progetto fino ad oggi.
Quel plastico si presta anche a rappresentare i principi che regolano l’arte della letteratura:
un’arte della distanza e della scala. (…) un’arte della microscopia, della prospettiva e dello spazio (…) la lettura è una faccenda di ottica, di luce, una dimensione della fisica.
Il maestro di quell’arte ha bisogno di un osservatore, di qualcuno che contempli la sua creazione e che sia capace di coglierne il significato. Entra il scena il lettore. Chi è questo strano figuro? Un insonne che non riesce a spegnere la lampada, sinché non ha bruciato capitolo dopo capitolo? Un solitario che ha deciso di allontanarsi dal mondo reale, rinchiudendosi in una torre eburnea, in una cittadella immaginaria? La risposta a questa domanda può essere trovata solo tra le pagine dei romanzi:
La domanda “cos’è un lettore?” è, in definitiva, la domanda della letteratura. Questa domanda la costituisce, non le è estranea, è la sua condizione di esistenza.
Piglia ci mette davanti a una serie di lettori immaginari: da Amleto a Madame Bovary, da Anna Karenina a Dupin. Questi personaggi ci spingono a guardarci allo specchio, a riflettere sulla nostra esperienza di bibliofili: chi legge è per forza afflitto dal bovarismo, dal desiderio di essere un altro?
Perché si leggono romanzi? Manca qualcosa nella vita di chi legge, manca ciò che sta cercando nel libro. Il senso è evidentemente il senso della sua vita, di quella vita che per tutti è mal fatta, mal vissuta, sfruttata, alienata, ingannata e mistificata ma che chi la vive sa bene che potrebbe essere differente.
Se vogliamo riuscire a riconciliare la vita reale e la lettura, dobbiamo lasciar perdere Madame Bovary e seguire le orme di Dupin: l’investigatore è riuscito a trasformare la malattia cronica del bibliofilo in un razionale metodo d’indagine. In questo modo, la lettura si trasforma in un esercizio di lucidità che consente al lettore di rischiarare le tenebre della realtà, di ridare senso all’esistenza.
Noi booklovers alla ricerca di risposte troviamo un altro nostro doppio ideale nei personaggi-finzioni di Borges: figure perse in un universo saturo di libri, dove tutto è scritto e si può solo rileggere, leggere in modo diverso. L’inventore dell’Aleph ci ha concesso una totale autonomia: siamo liberi di utilizzare i testi come vogliamo e di interpretarli a nostro piacimento, perché la finzione non dipende solo da chi la costruisce, ma anche da chi la legge. Questa libertà si ricollega alla possibilità di leggere in mille e più modi diversi: possiamo farlo bene o male, possiamo perderci tra le pagine, oppure possiamo ritrovare noi stessi tra le righe.
A questo punto, è ormai evidente che la domanda “cos’è un lettore?” racchiude dentro di sé una costellazione di quesiti che corrispondono alle mille sfaccettature del bibliofilo. Chi legge è per forza un tipo solitario e riflessivo, poco incline all’azione? Chi passa tutto il suo tempo con il naso tra le pagine può relazionarsi con chi non apre mai un romanzo, nemmeno per sbaglio?
Alla fine della lettura, abbiamo solo una certezza: il lettore è una figura resiliente, capace di far risorgere il mondo dalle sue ceneri.
C’è sempre un’isola in cui sopravvive un lettore, come se la società non esistesse. Un territorio devastato in cui qualcuno ricostruisce il mondo perduto a partire dalla lettura di un libro. Sarebbe meglio dire: la fiducia in ciò che sta scritto in un libro consente di difendere e ricostruire la realtà perduta.
Nota:
Ogni libro fa parte di quella grande ragnatela che è la letteratura ed è connesso ad altri romanzi. Questo testo vi invoglierà a scoprire o riscoprire altri libri. Se non avete ancora affrontato le opere degli autori citati nell’indice, vi consiglio di tenere a portata di mano L’ultimo lettore: è un’ottima “chiave d’accesso” alle finzioni di quei grandi scrittori.
Approfondimenti:
Il lettore come creatore – Edizioni SUR
Ricardo Piglia come meta e punto di partenza – Nazione Indiana
Non conoscevo Piglia, sembra interessante. Di sicuro un altro autore argentino da scoprire 😉
Leggendo questo post e quello su Borges, vedo che ti appassionano gli autori argentini più alternativi! Hai mai letto Roberto Arlt? Credo ti possa piacere.
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Diciamo che “uno ha tirato l’altro”: da Borges, a Piglia a Bolaño ;). Tra l’altro, molti di loro usciranno in edicola nelle prossime settimane :).
Non lo conosco: me lo segno subito. Grazie mille per la dritta!
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Pardon, Cortázar, non Bolaño, anche se in generale, mi sto interessando agli scrittori moderni sudamericani :).
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Cortazar lo leggerò presto 🙂
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Complimenti 🌺
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Grazie mille ❤
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Sembra in qualche modo collegato al suo romanzo “Respirazione artificiale”. Bella recensione.
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Grazie! Non ho ancora letto “Respirazione artificiale”, però ho letto “Solo per Ida Brown” e anche lì ho trovato dei punti di contatto con “L’ultimo lettore”. Buone letture!
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Grazie a te per l’altro titolo. Non lo conoscevo. Piglia sembra voler scrivere libri sui libri a questo punto. Scuola Borges.
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Hai colpito nel segno: ricorda un po’ “La morte e la bussola” ;).
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